Presidente, grazie. Non è un intervento casuale quello che spero di riuscire a fare oggi, perché riguarda una materia che si presenta con le caratteristiche della norma al nostro esame, ma che, per chi ha vissuto e ha avuto appartenenza a quei territori, rappresenta una materia di dolore, esperienza viva, che ha fatto conoscere anche la durezza del sanguinamento. Con questo spirito, mi auguro di riuscire a riscontrare l'attenzione del Parlamento, per la quota di colleghi presenti.
Intanto, scattiamo una fotografia. Attraverso questa norma, parliamo dei disastri che hanno colpito l'Italia, per alcuni territori a far data dal 2009, passando al 2016 e arrivando, poi, alle annualità che più ci riguardano, con le tragedia di Ischia, di Senigallia, del Nord e del Centro-Nord delle Marche. Abbiamo, nei fatti, 4 territori, accomunati da queste rotture di civiltà, che si chiamano terremoto, alluvione, frane sismo-indotte. Ci sono anche queste all'interno dell'esperienza della tragedia che l'Italia ha dovuto imparare ad affrontare, sapendo reagire, ormai di sicuro dal 1984, da quando Zamberletti concepì la politica delle ordinanze. Da allora tanta acqua è passata sotto i ponti. Abbiamo anche aiutato l'Europa a capire cos'è il terremoto, quando interviene come rottura di civiltà.
Quali sono i limiti di questo decreto-legge? Ci sono risultati riconosciuti da tutti, tant'è che il voto favorevole da parte delle articolazioni presenti in Aula concerne non soltanto la maggioranza, ma anche individualità ed espressività di partiti fuori della maggioranza. Noi siamo posizionati su un'astensione, che esprime attenzione sui risultati conseguiti e delusione per la distrazione e disattenzione che pure abbiamo misurato. È arrivato il tempo, colleghi, che l'Italia si doti di un codice della ricostruzione.
Non è possibile continuare a normativizzare l'amministrazione o amministrativizzare la normazione: facciamo un codice; non perché abbiamo simpatia per le tipografie che cambiano, ma perché il codice della ricostruzione darebbe certezza, eguaglianza di trattamento, equità nella reazione, per quantità e qualità. A L'Aquila, dopo tanti sacrifici, voglio riconoscere la bravura del sindaco di allora, Cialente, di Lolli, di Stefania Pezzopane, dell'allora opposizione, di Gianni Letta, perché seppero intuire una norma che faceva in modo di privatizzare e responsabilizzare il danneggiato, nella ricostruzione del privato, cosa che non si è potuto fare sul pubblico.
Tant'è che c'è una differenza di produttività tra i cantieri del privato e i cantieri del pubblico. C'è sempre stato uno sforzo crescente nel fare in modo da ascoltarsi. Ascoltarsi è la ragione del Parlamento, che non è parlatorio: ci si ragiona e ci si compone con l'intelligenza di tutti. Poi siamo arrivati ad avere sempre più l'ambizione di leggi quadro, che, per esempio, oltre a ricostruire le mura potessero ricostruire anche l'economia, la cultura, la vitalità. Guardate che le mura ricostruite senza la vita sono cimiteri. Noi abbiamo bisogno di ricostruire le città, le comunità e i territori, avendo a mente l'immagine di Pavese, quando ci parla dei comuni dell'Italia e dell'Appennino. Sono i comuni che creano appartenenza, identificazione, significato e bellezza. Allora, non bastano le mura. Qual è il limite di questo decreto? C'è scritto zigzagando, per alcuni, tutto, per altri, un po' meno di tutto e, per altri ancora, troppo poco. La ricostruzione anche ad Ischia evoca e convoca il ruolo delle imprese, vi è il meno di contribuzione per quanto riguarda le casse comunali, la sospensione degli obblighi contrattuali e bancari. Uniformare è l'obbligo dell'ordinamento, perché uno non sceglie di essere terremotato. Colleghi, anche i teorici dello Stato minimo, i liberali alla von Hayek, sostengono che davanti ai disastri lo Stato deve essere rilevante, adeguato, appropriato, coerente ed equo. Noi abbiamo qui il rischio di uno Stato zigzagante, un po' arlecchino, distratto, che soppesa e non qualifica tutto allo stesso modo. Parliamo di dolore!
Vorrei aggiungere tre questioni. Parlamento vuol dire anche fare annotazioni e lavorare successivamente alle questioni di cui parliamo oggi e che ci vedono attenti. La partita del superbonus non serviva per doppiare la ricostruzione già avvenuta, ma per completare ciò che i prezzi hanno fatto uscire fuori dal mercato, anche con le voci di capitolato delle leggi già varate. Togliere di notte le misure del superbonus per le aree terremotate significa lasciare a tre quarti il processo di ricostruzione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista). Questo è il punto!
Sulla partita della scuola, rispetto alle regole della consistenza numerica delle comunità scolastiche, immaginare flessibilità solo dove si determini al momento la mancanza della ricostruzione significa che, dove abbiamo finito con i cantieri, con le tute degli operai sporcate di cemento, lì la scuola non raggiunge il numero minimo, non c'è scolarizzazione, non c'è diritto alla pubblica istruzione: è sospeso un diritto fondamentale. Non si può non ingrandire questa regola di flessibilità!
Terzo aspetto, grandemente importante - consentitemi -, non possiamo fare sì che tutta la questione concernente la fiscalità degli enti locali sia a macchia di leopardo: a L'Aquila è completamente coperta, nelle aree dell'Appennino, terre alte, si comincia a coprire e ad Ischia non c'è nulla. Cari colleghi della maggioranza, ci sono temi che in Germania e negli Stati Uniti vengano considerati temi dell'interesse nazionale. Facciamo in modo che ricostruire attraverso un codice della ricostruzione sia tema di interesse nazionale, con una condotta da ordinamento, senza comunicati stampa che anticipino per fare più uno sul piano della simpatia elettorale. L'ordinamento mette in coppia diritti e doveri. Noi sul tema della ricostruzione siamo stati un po' egoisti, ad opera di chi di volta in volta ha fatto governo. Siamo stati disattenti nei confronti delle tante questioni che di volta in volta segnalate. Facciamo in modo - e concludo - che dopo questo voto finalmente l'Italia si doti di un codice della ricostruzione. Il PD la sua parte l'ha fatta, vediamo se attorno a questo contributo si organizza serietà, convergenza istituzionale in ragione delle quote di dolore che tutti abbiamo vissuto. Per questo noi ci asteniamo ma per questo aumentiamo la nostra attenzione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).